Ipertensione, che cos’è e come può essere curata
Che cos’è l’ipertensione?
Si definisce ipertensione una condizione di pressione superiore alla norma in regioni o cavità del nostro organismo che contengono liquidi o gas.
La pressione alta può riguardare, quindi, le arterie (ipertensione arteriosa) e le vene (ipertensione venosa), ma anche i vasi che si trovano all’interno dei polmoni (ipertensione polmonare) o, ancora, il liquido encefalico (ipertensione endocranica).
Ipertensione arteriosa
L’ipertensione arteriosa è una condizione a causa della quale si registra una pressione superiore alla norma del sangue che scorre nelle arterie.
Le cause possono essere molteplici, così come le conseguenze per la salute del paziente.
Cause
Innanzitutto, bisogna premettere che esistono due forme di ipertensione arteriosa. Una, la più comune, che rappresenta il 95% dei casi, è la forma essenziale. Una causa chiaramente identificabile di questa condizione non è ancora stata individuata, ma esistono diversi fattori di rischio a cui può essere associata quali regime alimentare scorretto, fumo, obesità, stile di vita sedentario, squilibri ormonali, stress e familiarità con l’ipertensione.
Il restante 5% dei casi di ipertensione arteriosa è rappresentato dall’ipertensione secondaria, dovuta all’assunzione di determinati farmaci o ad altre patologie.
Sintomi
Una pressione arteriosa superiore al normale può manifestarsi con:
- vertigini
- mal di testa
- nausea
- vomito.
Il paziente può anche accusare:
- alterazione della vista (visione oscurata o di puntini luminosi)
- disturbi dell’udito (acufeni)
- epistassi, ossia perdita di sangue dal naso.
Diagnosi
Per la diagnosi di ipertensione arteriosa viene utilizzato lo sfigmomanometro. La condizione clinica è confermata nel momento in cui i valori normali (compresi tra i 90 e i 140 mmHg) risultino alterati in almeno tre rilevazioni effettuate nell’arco di un mese.
Cura
Al di là dei farmaci per il trattamento dell’ipertensione arteriosa (farmaci antiipertensivi), la cura di questa condizione clinica non può prescindere da un cambiamento radicale negli stili di vita. Come anticipato, esistono una serie di fattori di rischio che possono favorire l’insorgere dell’ipertensione e sui quali si può intervenire per prevenirla. Ad esempio, seguendo una dieta completa, ma equilibrata; praticando attività fisica in maniera regolare e provando a ridurre al minimo i fattori di stress della propria quotidianità.
Ipertensione polmonare
Si parla di ipertensione polmonare quando si registra un aumento della pressione all’interno delle arterie polmonari.
Nella maggior parte dei casi, ciò avviene in conseguenza di restringimenti o ostruzioni dei vasi. Le forme di ipertensione polmonare sono due. La prima, detta primitiva o idiopatica, è una condizione rara, le cui cause non sono ancora note, che colpisce prevalentemente la popolazione femminile e insorge, solitamente, nelle persone di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
La seconda è l’ipertensione polmonare di tipo acquisito, nota anche come secondaria.
Cause
Per quanto riguarda l’ipertensione polmonare idiopatica, nonostante le cause di questa condizione rara, ad oggi, non siano ancora note, è possibile che sia legata a specifiche mutazioni di tipo genetico.
La forma più comune di ipertensione polmonare, quella secondaria, invece, può essere la conseguenza di una molteplicità di cause.
In generale, le patologie polmonari possono avere tra le proprie manifestazioni l’ipertensione. Tra queste possiamo citare:
- enfisema
- fibrosi polmonare
- apnee notturne o altre condizioni patologiche respiratorie legate a disturbi del sonno
- embolia polmonare
- broncopneumopatia cronica ostruttiva
Anche alcune malattie autoimmuni possono portare a ipertensione polmonare, come la sclerodermia, il Les (Lupus eritematoso sistemico) o, in generale, le patologie autoimmuni che colpiscono il tessuto connettivo.
L’ipertensione polmonare può essere associata anche a difetti cardiaci quali:
- valvulopatie
- insufficienza cardiaca
Ci può essere ipertensione polmonare in presenza di una infezione da Hiv o, infine, in conseguenza dell’assunzione di alcuni farmaci o sostanze stupefacenti come la cocaina.
Sintomi
L’ipertensione polmonare si può manifestare con difficoltà respiratorie che si fanno più severe nel momento in cui il soggetto fa degli sforzi fisici.
Il paziente con ipertensione polmonare può accusare:
- un senso di stanchezza
- maggiore affaticabilità o svenimenti.
Quando la condizione patologica è particolarmente grave e in fase avanzata, il paziente può accusare questi sintomi anche in condizioni di riposo.
Altri sintomi possibili dell’ipertensione polmonare sono:
- i tipici dolori dell’angina pectoris
- edema, ossia ristagno di liquidi, a livello degli arti inferiori.
Diagnosi
L’esame più comunemente effettuato per la diagnosi di ipertensione polmonare è l’ecocardiografia transtoracica. Esso consiste nell’utilizzo degli ultrasuoni per monitorare il flusso di sangue all’interno delle valvole cardiache e identificare eventuali anomalie strutturali che possono essersi sviluppate come conseguenza dell’ipertensione polmonare.
La conferma diagnostica, però, non può prescindere dal cateterismo cardiaco, che consente di misurare direttamente alcuni valori la cui alterazione è il segnale di una prognosi sfavorevole quali:
- pressione atrio destro del cuore
- portata cardiaca
- pressione polmonare media
Cura
La cura dell’ipertensione polmonare dipende, innanzitutto, dalla causa che l’ha provocata. Per questo motivo, trattare l’ipertensione polmonare secondaria significa intervenire sulla patologia o condizione clinica che l’ha fatta insorgere.
Per quanto riguarda l’ipertensione polmonare idiopatica, invece, la strategia terapeutica si basa principalmente sulla somministrazione di farmaci vasodilatatori.
Ipertensione endocranica
L’ipertensione endocranica descrive l’aumento della pressione all’interno del cranio. Tale condizione è dovuta, nella maggior parte dei casi, ad anomalie nel riassorbimento o deflusso del liquido cerebrospinale.
Cause
L’ipertensione endocranica può essere, in alcuni casi, idiopatica. Ciò significa che le cause di tale condizione non sono note.
Esistono, però, degli elementi in grado di rendere alcuni pazienti più predisposti a sviluppare ipertensione, come determinate caratteristiche morfologiche quali, ad esempio, seni venosi più sottili del normale, che favoriscono l’accumulo di sangue.
L’ipertensione endocranica può essere, tuttavia, una delle manifestazioni sintomatologiche di alcune patologie o condizioni cliniche quali l’aneurisma e l’emorragia cerebrali, l’ictus e l’ischemia cerebrale.
Altre condizioni che possono avere l’ipertensione endocranica come sintomo sono:
- meningite
- sindrome di Reye
- sclerosi tuberosa
- spina bifida
- tumore del midollo spinale
Sintomi
Bisogna premettere che l’ipertensione endocranica può anche non avere alcuna manifestazione sintomatologica. Nel caso in cui, invece, i sintomi siano presenti, il più comune è sicuramente il mal di testa. Questo sintomo può avere cadenza quotidiana e manifestarsi, almeno nella fase iniziale, in forma lieve, per poi aumentare di intensità in un secondo momento ed essere accompagnato da:
- nausea
- vomito
- disturbi della vista (vista doppia)
- disturbi dell’udito (acufene pulsante).
Tra le conseguenze dell’ipertensione endocranica ci può essere anche un’infiammazione del nervo ottico situato nella regione del bulbo oculare. Questa condizione è nota come papilledema.
L’ipertensione endocranica, se non trattata adeguatamente e tempestivamente, può portare anche a complicanze molto gravi come la perdita totale della vista, che è solitamente preceduta da una visione laterale offuscata.
Diagnosi
L’ipertensione endocranica viene diagnosticata sulla base dei risultati di esami neuroradiologici. Nei pazienti in cui non è controindicata, può essere effettuata anche una puntura lombare al fine di raccogliere e analizzare un campione di liquido cerebrospinale.
Cura
L’ipertensione endocranica può essere trattata avvalendosi della chirurgia. L’intervento consiste nella riduzione del volume endocranico. Altre possibilità sono la somministrazione di farmaci diuretici o, nelle condizioni cliniche più gravi, l’assunzione da parte del paziente di cortisone.